Cassazione penale, sez. IV sentenza n. 15078 del 17/01/2020

Nei casi di guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti è necessario provare non solo la pregressa assunzione di sostanze stupefacenti ma anche lo stato di alterazione alla guida.

Di questo principio fa applicazione la Suprema Corte di Cassazione che ha annullato senza rinvio una sentenza di condanna a carico di un’automobilista nei cui confronti non era risultato provato lo stato di alterazione.

La Corte afferma che affinchè possa configurarsi il reato di cui all’art. 187 C.d.S., non è sufficiente solo la positività alla sostanza, come avviene nel caso di guida in stato di ebbrezza, essendo necessario che lo stato di alterazione psico-fisica sia conclamato e derivi dall’uso di droga.

Negli stessi termini si è pronunciata la giurisprudenza precedente della Corte di Cassazione della IV sezione che ha affermato che “ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 187 C.d.S., non è sufficiente che l’agente si sia posto alla guida del veicolo subito dopo aver assunto droghe ma è necessario che egli abbia guidato in stato di alterazione causato da tale assunzione (Sez. 4, n. 41376 del 18/7/2018, Basso Fabrizio, Rv. 274712; Sez. 4, n. 39160 del 15/5/2013, P.G. in proc. Braccini, Rv. 256830: in motivazione, la Corte ha escluso che la prova della condotta illecita potesse desumersi dall’andatura barcollante dell’imputato, sufficiente per giustificarne la sottoposizione agli accertamenti medico-legali ma non per l’attestazione dello stato di alterazione)”.

Guida sotto effetto di stupefacenti e guida in stato di ebbrezza

La Corte ricorda che mentre per la sussistenza del reato di guida in stato di ebbrezza alcolica è sufficiente la prova sintomatica dell’ebbrezza o che il conducente abbia superato uno dei tassi alcolemici indicati nell’art. 186 C.d.S., comma 2 per la configurabilità del reato di cui all’art. 187 C.d.S. sono necessari un accertamento tecnico-biologico e la sussistenza di circostanze che comprovino la situazione di alterazione psico-fisica, poichè il reato de quo è integrato dalla condotta di guida in stato d’alterazione psico-fisica determinato dall’assunzione di sostanze e non già dalla condotta di guida tenuta dopo l’assunzione di sostanze stupefacenti (Sez. 4, n. 41796 del 11/6/2009, P.G. in proc. Giardini, Rv. 245535).

La scelta legislativa di ancorare la punibilità a presupposti diversi da quelli previsti per la guida in stato di ebbrezza, per configurare la quale è sufficiente porsi alla guida dopo aver assunto alcol oltre una determinata soglia, trova la sua ratio nell’apprezzamento della ritenuta maggior pericolosità dell’azione rispetto al bene giuridico tutelato della sicurezza stradale, che implica l’assenza di ogni gradazione punitiva a fronte dell’accertata alterazione psicofisica causata dall’assunzione di stupefacenti (con ciò intendendo la compromissione dei rapporti fra i processi psichici ed i fenomeni fisici che riguardano l’individuo in sè ed i suoi rapporti con l’esterno). Ne deriva che, ai fini del giudizio di responsabilità, è necessario provare non solo la precedente assunzione di sostanze stupefacenti ma che l’agente abbia guidato in stato d’alterazione causato da tale assunzione. Alla sintomatologia dell’alterazione, deve dunque accompagnarsi l’accertamento della sua origine e cioè dell’assunzione di una sostanza drogante o psicotropa, non essendo la mera alterazione di per sè punibile, se non derivante dall’uso di sostanza, nè essendo tale il semplice uso non accompagnato da alterazione.

Diversamente, dunque, dall’ipotesi di guida sotto l’effetto di alcol, l’accertamento non può limitarsi nè alla sola sintomatologia, nè al solo, accertamento dell’assunzione, ma deve compendiare i due profili.

Laddove siffatto accertamento – senza dubbio più complesso di quello previsto per la guida in stato di ebbrezza alcolica – dia esito positivo, l’assenza di soglie implica di per sè l’integrazione del reato.

La sentenza di primo grado

Dei predetti principi non ha tenuto conto la sentenza di primo grado, che si è limitata a valorizzare la semplice presenza di tracce di cannabinoidi nei liquidi biologici e ad affermarne, in termini apodittici, la prossimità temporale con la guida, senza che risultino accertati nè il richiesto stato di alterazione psicofisica da assunzione di stupefacenti nè il nesso eziologico tra questo e la condotta di guida.

Cassazione penale, sez. IV sentenza n. 15078 del 17/01/2020

Di seguito la sentenza integrale della Suprema Corte.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRICCHETTI Renato Giuseppe – Presidente –

Dott. CIAMPI Francesco Mar – Consigliere –

Dott. DI SALVO Emanuele – Consigliere –

Dott. CENCI Daniele – Consigliere –

Dott. DAWAN Daniela – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

G.D., nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 11/03/2019 della CORTE APPELLO di BOLOGNA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. DANIELA DAWAN;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Dott. EPIDENDIO TOMASO;

Il Proc. Gen. conclude per l’annullamento con rinvio;

udito il difensore;

E’ presente l’avvocato ********** del foro di RIMINI in difesa di:

G.D.;

Il difensore presente chiede l’accoglimento del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Il difensore di G.D. ricorre avverso la sentenza predibattimentale con cui la Corte di appello di Bologna – escluso che dalla motivazione della sentenza di primo grado emergano elementi tali da imporre una formula di proscioglimento più favorevole – ha dichiarato non doversi procedere nei confronti dell’appellante per essere il reato (art. 187 C.d.S., commesso il (OMISSIS)), estinto per intervenuta prescrizione.

2. Il ricorso consta di due motivi. Con il primo, si deduce inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 598,599,601,429 c.p.p. per aver omesso la citazione a giudizio dell’appellante, con conseguente nullità assoluta ed insanabile ex art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c) e art. 179 c.p.p. perchè è stato inibito all’imputata l’esercizio del diritto di difesa, atteso che questa, con l’atto di appello, aveva sollecitato la piena assoluzione dal reato ascrittole. La sentenza predibattimentale impugnata risulta, pertanto, illegittima alla luce dei principi espressi dalle Sezioni Unite (sentenza del 24/4/2017 n. 28954). Con il secondo motivo, si eccepisce inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 187 C.d.S. e art. 129 c.p.p., comma 2, nonchè vizio di motivazione per avere la sentenza impugnata omesso di valutare gli atti e i documenti da cui risulta in modo non contestabile che il fatto non sussiste. Richiamata la citata pronuncia delle Sezioni unite, la ricorrente chiede che la Corte di cassazione pronunci la formula di merito di cui all’art. 129 c.p.p., comma 2, rispetto a quella di estinzione del reato, atteso che, dalla semplice lettura degli atti emerge che la prevenuta non si era posta alla guida dell’auto in stato di alterazione determinato dall’uso di sostanze stupefacenti, come comprovato dalla totale assenza di indici sintomatici, rilevatori dello stato di alterazione mentre era alla guida dell’autovettura. All’uopo si evidenzia che, nella parallela vicenda amministrativa, avente ad oggetto la sospensione cautelare della patente di guida, il giudice di pace di Rimini sospendeva l’efficacia esecutiva dell’ordinanza prefettizia affermando che “la semplice presenza di tracce di sostanze stupefacenti cannabinoidi nei liquidi biologici del conducente di un veicolo non può rappresentare, da sola, la prova dell’alterazione delle sue condizioni psicofisiche al momento del fermo (…)”, essendo notorio che le sostanze stupefacenti possono rimanere nelle urine dell’assuntore anche per alcuni giorni dopo la loro assunzione e tale presenza, in sè considerata, non comporta automaticamente l’alterazione delle condizioni psicofisiche previste dall’art. 187 C.d.S..

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è meritevole di accoglimento.

2. La ricorrente eccepisce la nullità assoluta e insanabile ex art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c) e art. 179 c.p.p., comma 1, in ragione dell’omessa citazione in giudizio dell’appellante, cui sarebbe stato inibito il diritto di difesa atteso che, con l’atto di appello, l’imputata aveva chiesto l’integrale riforma della sentenza del Tribunale sollecitando la sua piena assoluzione e chiede a questa Suprema Corte un proscioglimento nel merito ex art. 129, comma 2.

3. Occorre, al riguardo, ricordare che le Sezioni Unite di questa Suprema Corte (Sez. U, n. 28954 del 27/4/2017, Iannelli, Rv. 269810) – investite della questione “se la Corte di cassazione debba dichiarare la nullità della sentenza predibattimentale pronunciata in violazione del contraddittorio con cui si dichiara l’estinzione del reato per prescrizione o debba dare prevalenza alla causa estintiva del reato” – hanno stabilito che, nell’ipotesi di sentenza d’appello pronunciata de plano, in violazione del contraddittorio tra le parti, che, in riforma della sentenza di condanna di primo grado, dichiari l’estinzione del reato per prescrizione, la causa estintiva del reato prevale sulla nullità assoluta ed insanabile della sentenza, semprechè non risulti evidente la prova dell’innocenza dell’imputato, dovendo la Corte di cassazione adottare in tal caso la formula di merito di cui all’art. 129 c.p.p., comma 2.

4. Ciò detto, il Collegio osserva che dalla sentenza di primo grado emerge l’evidente insussistenza del fatto ascritto all’imputata, che, in quanto tale, prevale sulla causa estintiva della intervenuta prescrizione. La ricorrente si duole che la Corte di appello abbia omesso di prendere in considerazione gli atti e i documenti che evidenziavano come la stessa non si fosse posta alla guida dell’auto in stato di alterazione determinato dall’uso di sostanze stupefacenti, attesa anche la comprovata assenza di indici sintomatici.

Evidenziava come la semplice presenza di tracce di cannabinoidi nei liquidi biologici non possa rappresentare, da sola, prova dello stato di alterazione al momento della guida perchè la semplice positività al test urinario non è necessariamente sintomatica di assunzione recente della sostanza drogante, tenuto conto dei tempi di permanenza della medesima nelle urine.

5. Ricorda il Collegio che, perchè possa configurarsi il reato di cui all’art. 187 C.d.S., non è sufficiente solo la positività alla sostanza, come avviene nel caso di guida in stato di ebbrezza, essendo necessario che lo stato di alterazione psico-fisica sia conclamato e derivi dall’uso di droga.

Il principio è stato già enunciato da questa Sezione che ha ritenuto che “ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 187 C.d.S., non è sufficiente che l’agente si sia posto alla guida del veicolo subito dopo aver assunto droghe ma è necessario che egli abbia guidato in stato di alterazione causato da tale assunzione (Sez. 4, n. 41376 del 18/7/2018, Basso Fabrizio, Rv. 274712; Sez. 4, n. 39160 del 15/5/2013, P.G. in proc. Braccini, Rv. 256830: in motivazione, la Corte ha escluso che la prova della condotta illecita potesse desumersi dall’andatura barcollante dell’imputato, sufficiente per giustificarne la sottoposizione agli accertamenti medico-legali ma non per l’attestazione dello stato di alterazione). Mentre per la sussistenza del reato di guida in stato di ebbrezza alcolica è sufficiente la prova sintomatica dell’ebbrezza o che il conducente abbia superato uno dei tassi alcolemici indicati nell’art. 186 C.d.S., comma 2 per la configurabilità del reato di cui all’art. 187 C.d.S. sono necessari un accertamento tecnico-biologico e la sussistenza di circostanze che comprovino la situazione di alterazione psico-fisica, poichè il reato de quo è integrato dalla condotta di guida in stato d’alterazione psico-fisica determinato dall’assunzione di sostanze e non già dalla condotta di guida tenuta dopo l’assunzione di sostanze stupefacenti (Sez. 4, n. 41796 del 11/6/2009, P.G. in proc. Giardini, Rv. 245535). E’ appena il caso di ricordare che la scelta legislativa di ancorare la punibilità a presupposti diversi da quelli previsti per la guida in stato di ebbrezza, per configurare la quale è sufficiente porsi alla guida dopo aver assunto alcol oltre una determinata soglia, trova la sua ratio nell’apprezzamento della ritenuta maggior pericolosità dell’azione rispetto al bene giuridico tutelato della sicurezza stradale, che implica l’assenza di ogni gradazione punitiva a fronte dell’accertata alterazione psicofisica causata dall’assunzione di stupefacenti (con ciò intendendo la compromissione dei rapporti fra i processi psichici ed i fenomeni fisici che riguardano l’individuo in sè ed i suoi rapporti con l’esterno). Ne deriva che, ai fini del giudizio di responsabilità, è necessario provare non solo la precedente assunzione di sostanze stupefacenti ma che l’agente abbia guidato in stato d’alterazione causato da tale assunzione. Alla sintomatologia dell’alterazione, deve dunque accompagnarsi l’accertamento della sua origine e cioè dell’assunzione di una sostanza drogante o psicotropa, non essendo la mera alterazione di per sè punibile, se non derivante dall’uso di sostanza, nè essendo tale il semplice uso non accompagnato da alterazione.

Diversamente, dunque, dall’ipotesi di guida sotto l’effetto di alcol, l’accertamento non può limitarsi nè alla sola sintomatologia, nè al solo, accertamento dell’assunzione, ma deve compendiare i due profili.

Laddove siffatto accertamento – senza dubbio più complesso di quello previsto per la guida in stato di ebbrezza alcolica – dia esito positivo, l’assenza di soglie implica di per sè l’integrazione del reato.

6. Degli anzidetti principi non ha tenuto conto la sentenza di primo grado, che si è limitata a valorizzare la semplice presenza di tracce di cannabinoidi nei liquidi biologici e ad affermarne, in termini apodittici, la prossimità temporale con la guida, senza che risultino accertati nè il richiesto stato di alterazione psicofisica da assunzione di stupefacenti nè il nesso eziologico tra questo e la condotta di guida.

7. In assenza dell’indicazione degli elementi fin qui richiamati in ordine all’accertamento dello stato di alterazione da assunzione di stupefacenti, la sentenza impugnata deve, quindi, essere annullata senza rinvio perchè il fatto non sussiste.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto non sussiste.

Si dà atto che il presente provvedimento è sottoscritto dal solo consigliere anziano del Collegio, per impedimento del suo presidente e dell’estensore, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, art. 1, comma 1, lett. a).

Così deciso in Roma, il 17 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 maggio 2020

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